IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sull'istanza  di  riesame
 formulata  nell'interesse  di Lentini Franco avverso il provvedimento
 17 settembre 1996 del g.i.p. presso il tribunale di Genova,  con  cui
 veniva   ordinato  il  sequestro  conservativo  dei  crediti  vantati
 dall'inadatto nei confronti dell'I.N.P.S.;
   Sentite le conclusioni della difesa all'odierna udienza camerale, e
 sciogliendo la riserva;
   Rilevato:
     che sull'istanza indicata questo tribunale aveva pronunciato,  in
 data  31  gennaio  1997, ordinanza di   inammissibilita' dell'istanza
 diretta  ad  ottenere  la   dichiarazione   di   illegittimita'   del
 provvedimento  di  sequestro per i quattro quinti delle somme dovute,
 come effetto del coordinato disposto degli artt. 545,  quarto  comma,
 c.p.c.  e  2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (come risultante dalla
 sentenza 19 marzo 1993, n. 99 della Corte  costituzionale);
     che l'annullamento di quella ordinanza da parte  della  Corte  di
 cassazione,  con  rinvio  a  questo  tribunale,  rende necessaria una
 decisione di merito sulla questione sollevata  dal  Lentini  (che  il
 tribunale  aveva  erroneamente  ritenuta  non  ammissibile  in questa
 sede);
     che il credito e' stato sequestrato per iniziativa del pm., ma  a
 garanzia  anche  dei  diritti  dell'I.N.P.S.  costituito parte civile
 contro il Lentini, imputato di reati di falso,  truffa  aggravata  ed
 abuso di ufficio patrimoniale;
     che   il   credito   sequestrato   riguarda   differenze  tra  la
 retribuzione dovuta  al  Lentini  e  quanto  percepito  come  assegno
 alimentare  tra  maggio 1994 ed aprile 1996, a seguito di sospensione
 cautelare provocata dalla pendenza del  procedimento  penale  (giunto
 ormai a dibattimento);
     che  il  credito  del  Lentini  nasce  da cio', che egli e' stato
 sospeso dal servizio dal 10 maggio 1993, ed  e'  stato  riammesso  in
 data 23 aprile 1996, mentre il giudizio disciplinare gli ha applicato
 la  sospensione  per un anno, quindi soltanto sino al 10 maggio 1994,
 con quasi due anni  di  inattivita'  non  coperti  dal  provvedimento
 disciplinare;
   Ritenuto:
     che  il  titolo  del  credito  del  Lentini  e' certamente quello
 retributivo:  la circostanza che lo stesso Lentini non  abbia  potuto
 prestare  attivita'  lavorativa  nel  periodo  considerato,  ed abbia
 ricevuto per tale periodo non la  retribuzione  ma  solo  un  assegno
 alimentare  per effetto di una sospensione cautelare (quando solo per
 l'anno precedente il giudizio  disciplinare  ha  poi  definitivamente
 confermato  l'insussistenza del debito retributivo) non puo' valere a
 mutare il titolo da retributivo in indennitario;
     che la disciplina vigente limita ad un quinto la sequestrabilita'
 delle somme dovute per retribuzione anche a dipendenti pubblici;
     che  gia'  in  passato  e'  stato  sollevato  un   dubbio   sulla
 ragionevolezza  di  tale  regime normativo, con riferimento ai debiti
 derivanti ex delicto: e con riferimento alla possibilita' di una "una
 minorata difesa delle vittime  da  reato,  che  pur  potevano  essere
 persone  fisiche  versanti  in  stato di bisogno" ma con ordinanza 13
 luglio  1987,  n.     260,   la   Corte   costituzionale   aveva   in
 quell'occasione   osservato   che   "nella   materia   in   esame  il
 bilanciamento dei contrastanti interessi del  creditore,  che  agisce
 per  esecuzione,  o  chiede  il sequestro, e del debitore, e' rimesso
 alla valutazione discrezionale del legislatore, incensurabile in sede
 di giudizio costituzionale se non si riveli irragionevole";  che  "la
 ratio   della  limitata  pignorabilita'  dei  crediti  derivanti  dal
 rapporto di lavoro o di impiego sta nell'esigenza di non pregiudicare
 la  soddisfazione  dei   piu'   elementari   bisogni   del   debitore
 assoggettato  ad  esecuzione  (o a sequestro conservativo), e che "di
 fronte a tale imprescindibile esigenza e' manifesto come non  valichi
 i  limiti  della  ragionevolezza  la  scelta  del  legislatore di non
 introdurre  differenze  di  trattamento  in  relazione   all'origine,
 contrattuale o aquiliana, dei crediti sottoposti a pignoramento";
     che  la  presente  fattispecie impone tuttavia, proprio sul piano
 della ragionevolezza delle scelte legislative, un'ulteriore verifica:
 infatti il Lentini  e'  imputato  di  aver  illecitamente  goduto  di
 rilevanti  importi,  dividendo con i beneficiati il provento dei suoi
 reati, con i  quali  procurava  pensioni  non  dovute:  negli  undici
 episodi  che gli sono imputati, Lentini e' imputato di aver procurato
 (a carico dell'INPS) somme  non  dovute  per  piu'  di  210  milioni,
 riscuotendo  dai suoi beneficiati percentuali variabili tra il 25% ed
 il 50%:  il che giustifica l'ipotesi di un lucro  personale  compreso
 tra 52 e 105 milioni. Che ora la collettivita' debba preoccuparsi dei
 suoi  "piu' elementari bisogni" non puo' dirsi, almeno a prima vista,
 soluzione facilmente comprensibile;
     che, piu' in generale, privilegiare i crediti  retributivi  degli
 imputati  per il reato di abuso di ufficio patrimoniale a danno delle
 loro vittime appare di dubbia ragionevolezza  non  tanto  perche'  le
 vittime  possono  trovarsi  anch'esse  in  stato  di  bisogno, quanto
 piuttosto perche' (sul versante del  debitore)  e'  difficile  capire
 perche' debbano essere equiparate, alle persone che vivono delle loro
 retribuzioni,  coloro  che  compiono  scelte  diverse, ed ricevono da
 attivita' delittuose ricchezze negate agli onesti; non pare, infatti,
 che la posizione economica di chi  ha  abusato  del  pubblico  denaro
 possa  suscitare ragionevoli preoccupazioni, almeno sino a quando gli
 stessi non restituiscono integralmente il provento dei loro reati;
     che, in questa nuova e  diversa  formulazione,  il  dubbio  sulla
 costituzionalita'  della normativa deve essere sottoposto al giudizio
 del giudice delle leggi;